I CASI DI SICILIA - L'arresto del deputato socialista De Felice Giuffrida

- Presidenza Nazionale
Copertina anteriore de La Tribuna Illustrata del 14 gennaio 1894.
Personaggio di spicco del socialismo siciliano, Giuseppe De Felice Giuffrida è nato a Catania il 17 settembre 1859, (in alcuni testi 1860 n.d.a.), in una famiglia sottoproletaria. Suo nonno che si chiama Giuseppe, come lui, é condannato a morte a seguito dei moti rivoluzionari del 1837. Un’amnistia gli permette di tornare in Sicilia, ma é perseguitato, incarcerato e condannato per motivi politici. Nel 1848 lo ritroviamo colonnello dell’esercito rivoluzionario e deputato al parlamento siciliano. Nel 1860, il suo carattere indomito non gli fa accettare i gradi e le benemerenze che gli offre il Governo sabaudo. Probabilmente, dai suoi insegnamenti veniva influenzato, nella primissima infanzia, il nipote Giuseppe, che rimasto orfano in tenera età, il padre fu ucciso durante una rapina, sarà accolto nell’ospizio comunale di Catania. Riesce, studiando senza aiuti, a proseguire gli studi liceali sino al conseguimento della laurea in giurisprudenza. Impiegato a diciotto anni come archivista presso l’ufficio delle strade comunali obbligatorie della Prefettura cittadina, subisce il licenziamento per motivi politici nel 1881, inflitto anche a seguito del suo impegno militante e in qualità di direttore del giornale “Lo Staffile” e, in seguito,“L’Unione” entrambi di orientamento repubblicano e socialista. Eletto consigliere comunale nel 1885, si impegna nell'elaborazione di un programma che potesse essere comune a tutte le opposizioni, ma di orientamento popolare. Fu così che, nel 1889, con una eterogenea lista di opposizione conquista la maggioranza del Consiglio comunale nonostante l’annullamento determinato dal Prefetto. Sposatosi diciassettenne, ha avuto quattro figlie, ma la sua vita turbolenta induce la moglie a troncare il rapporto. Durante la sua esistenza irrequieta ha sostenuto diversi duelli le cui ferite gli lasciano il corpo martoriato, ferite al braccio e alla mano destra che gli mutilano tre dita, due al braccio e alla mano sinistra che gli recidono una falange del dito indice, diverse altre al petto alcune causate da due colpi di revolver inferti a bruciapelo durante un tentativo di omicidio. Dopo un susseguirsi di modeste occupazioni, viene eletto consigliere comunale nel 1885 e quattro anni dopo consigliere provinciale. Nel 1891 fonda il Fascio dei lavoratori di Catania, struttura di tipo camerale che avrebbe avuto rapida adesione in tutta l’isola con un’ampia rappresentatività. Nel 1892 è eletto alla Camera dei Deputati, dove rimarrà ininterrottamente sino alla morte, avvenuta il 19 luglio 1920. Conosciamo meglio questo personaggio della storia d’Italia attraverso le tavole corredate di un articolo de La Tribuna Illustrata.
Copertina posteriore de "la Tribuna Illustrata" del 14 gennaio 1894, il Delegato di P.S. con la fascia tricolore procede all'arresto.
ANTEFATTO E PROLOGO ALLE TAVOLE RAPPRESENTATE

Dal 1873 al 1896 si verificò in Italia una grave crisi agraria, la cosiddetta “grande depressione”. La crisi si caratterizzò in una contrazione nella crescita produttiva delle merci dei paesi europei, oltre ad un minor consumo soprattutto dei prodotti agricoli italiani in favore di quelli d’oltre oceano che, favoriti dai bassi costi di produzione e trasporto determinati dall’efficientamento nell’utilizzo di nuove tecniche agrarie e dall’applicazione delle innovazioni tecnologiche, risultavano molto più convenienti. In aggiunta a ciò, ci furono responsabilità anche dell’esecutivo italiano che non riuscì a mettere in campo delle contromisure adeguate per smorzarne gli effetti a breve e a lungo termine, soprattutto al sud Italia tecnologicamente più arretrato. Una situazione già precaria per milioni di famiglie contadine italiane che acuendosi oltremisura, di lì a qualche anno, le vedrà costrette ad emigrare verso i paesi industrialmente evoluti, per non morire di fame. E’ dunque con questi presupposti che nel 1893 si innescarono, tra le popolazioni siciliane alcuni moti per il superamento del latifondismo terriero. Le richieste dei coltivatori non avevano niente di rivoluzionario, ma si attestavano sulla rivendicazione di terre libere da poter coltivare con patti meno vessatori per i braccianti e le loro famiglie. Forme di associazionismo spontaneo, sia in città che nelle campagne, prendono il nome di “Fasci dei lavoratori”, ove con il termine fascio si alludeva alla forza dell’unione tra i lavoratori. Le azioni concertate culminano con un’ondata di scioperi di cui il movimento dei “Fasci” fu protagonista. A queste rivendicazioni, i Governi locali, rappresentati esclusivamente dal notabilato latifondista siciliano, chiedono al Primo ministro Francesco Crispi una vigorosa azione repressiva contro la popolazione. Fra il dicembre 1893 e il gennaio 1894, viene autorizzato l’intervento dell’esercito a sostegno delle forze dell’ordine locali. La contrapposizione di forze esasperò ulteriormente le proteste che terminano in violenti scontri con decine di morti e l’arresto di centinaia di lavoratori. Il libero associazionismo rappresentato dai Fasci dei lavoratori siciliani viene messo al bando e sciolte tutte le rappresentanze locali, con l’arresto per sovversione di molti responsabili dei Comitati territoriali.
Giuseppe De Felice Giuffrida in una bella incisione del 1894.

Il deputato Giuseppe De Felice Giuffrida, consideratol’ideatore e l’ispiratore dei Fasci dei lavoratori, e degli stessi moti,nonostante fosse a Roma durante i tumulti, dopo la repressione della rivolta,viene arrestato con accuse gravissime. Il 30 maggio 1894, a conclusione di unmemorabile processo, viene condannato a diciotto anni di reclusione percospirazione contro i poteri dello Stato ed eccitamento alla guerra civile.Rinchiuso nel carcere di Volterra con altri detenuti politici, il 14 marzo1896, viene raggiunto da un provvedimento di amnistia, tra i primi attiparlamentari voluti dal nuovo Governo presieduto da Antonio Di Rudinì, piùvolte chiamato a Governi di transizione. Tornato da uomo libero nella suaCatania, De Felice Giuffrida è accolto trionfalmente e nuovamente riacquista ilseggio che gli era stato tolto. Nel giugno 1902 è eletto sindaco della cittàetnea. Molto amato dalla cittadinanza, soprattutto dalle classi sociali piùpovere per l’impegno profuso in favore dei più deboli anche in occasionedell’epidemia colerica del 1887, inaugura un periodo che inciderà a lungo sullastoria della sua città, meritandosi l’onorevole appellativo di “patriranni”,cioè “grande padre”. Sindaco dal 1902 al 1906, viene nuovamente rieletto dal1912 al 1914.

"la Tribuna Illustrata" del 21 gennaio 1894, funzionari di P.S. scortati da due agenti in uniforme procedono all'arresto del prelato.
Articolo interno de “La Tribuna Illustrata” del 14 gennaio 1894 che spiega tutte e tre le tavole rappresentate.

I CASI DI SICILIA

Dedichiamo i nostri disegni a colori ai dolorosissimi casi di Sicilia, dei quali i giornali politici continuano a narrare tanti episodi. I nostri lettori ne conoscono le origini. Da due o tre anni tutta l’isola — non escluse le più piccole e più remote borgate — si è andata seminando di Società popolari, dette Fasci dei lavoratori, aventi un programma nettamente socialista. Più che le vaghe promesse di questo programma utopistico, han contribuito ad accrescere forza ai Fasci due ordini di fatti: in primo luogo, la tristissima condizione di que’ contadini, di que’ mezzadri, di que’ carusi (operai delle miniere di zolfo), condizioni veramente inumane che fanno vergogna all’Italia intera; in secondo luogo, le rovinose amministrazioni locali, nelle quali il partito che è al potere crede lecito ogni sopruso, ogni angheria contro il partito vinto, compresa quella di accumulare le tasse sopra gli avversari per esonerarne gli amici. Codest’agitazione, che andava serpeggiando da tempo, accennò a prorompere di questi giorni. Bande tumultuanti, con alla testa le donne ed i fanciulli, percorsero i paesi, gridando abbasso le tasse, bruciando le garette delle guardie daziarie, saccheggiando o devastando le residenze municipali, gli uffici del registro e delle imposte, gli edifizi postali e telegrafici, le preture, ecc. In qualche luogo, la rivolta passò al saccheggio ed all’incendio di case private ed anche ad atti di violenza personale. Dove la forza pubblica poté resistere, vi furono scene dolorose con effusione di sangue. Il Governo, preoccupato, conferì tutti i poteri al generale Morra di Lavriano, comandante il corpo d’armata di Palermo, col titolo di Regio Commissario straordinario per la Sicilia; e questi proclamò lo stato d’assedio. Buon nerbo di truppe d’ogni arma vennero inviate in Sicilia, richiamandosi all’uopo taluni contingenti delle classi in congedo 1869 e 1868, per portare l’effettivo delle forze militari nell’isola a 50mila uomini. Degl’infiniti episodi di questa deplorevole ed insensata rivolta, ne abbiamo illustrati due. Il primo è l’incendio di Pietraperzia, popolarissima borgata in provincia di Caltanisetta, avvenuto il primo di gennaio. I lettori ne conoscono i particolari. Essendo i carabinieri troppo scarsi di numero per proteggere efficacemente le proprietà contro la folla furibonda, dovettero limitare l’opera propria alla difesa della caserma. Ma intanto la folla attaccò simultaneamente tutti gli uffici pubblici, e vi appiccò il fuoco: poi passò alle case private, cominciando da quella del Sindaco, e potè compiere l’opera sua vandalica. Dopo poche ore quasi tutto il paese era ridotto ad un mucchio di rovine! La mattina del 3 gennaio fu arrestato in casa sua, a Palermo, il deputato Giuseppe De Felice Giuffrida, che è, se non il capo, certo uno dei capi del movimento socialista siciliano. L’arresto fu eseguito in casa del De Felice, da due delegati di pubblica sicurezza, i quali gli mostrarono un ordine del R. Commissario generale Morra. L’on. De Felice, fatta inserire in verbale una sua protesta per violazione della immunità parlamentare, presente un amico suo l’avv. Marchesano, non oppose resistenza. Nel medesimo giorno furono arrestati gli altri principali capi dei Fasci di Sicilia, convenuti quel giorno a Palermo per un Congresso. Giuseppe Da Felice Giuffrida è un tipo singolare di agitatore politico. Una tragedia domestica lo lasciò a 15 anni orfano, a Catania. Fu impiegato in questura ed in Prefettura: ma, dedicatosi tutto alle idee socialistiche, abbandonò l’ufficio e si gettò nel giornalismo e nella propaganda. Organizzò i Fasci dei lavoratori, prima a Catania, poi in tutta l’isola. Ebbe numerose persecuzioni, processi, duelli, condanne, esigli. Nel 1892 fu eletto deputato. È ancor giovane - ha poco più di trentaquattro anni - è di modi molto gentili, di carattere allegro, espansivo e simpatico. È aiutato nella sua propaganda rivoluzionaria dalla figlia, una bellissima giovinetta di quindici anni, che veste sempre di rosso. L’arresto del De Felice portò seco quello del sacerdote Don Urso, in Roma, il quale custodiva (egli pretende senza sapere il contenuto) un bauletto di carte che apparteneva al De Felice.